APOKOLOKYNTOSIS PARTE III

Egidio, il mio vicino, è nato nel 1934. Si tratta di una veneranda età per un uomo, e per uno della mia generazione è davvero impensabile che abbia vissuto una Guerra Mondiale. Impensabile nel vero senso del termine, perché io non saprei davvero come mi sarei comportato, o ancora meglio se sarei esistito in partenza, data la mia etnia, nel bel mezzo di una Guerra Mondiale. Già, perché la scelta era pressapoco partire per la guerra e patire la fame, oppure restare in casa e patire la fame. Egidio, essendo giovane, questa scelta non l’ha mai dovuta fare. Egidio ha visto i suoi fratelli maggiori partire per quella guerra e non fare mai più ritorno, eppure non spenderebbe mai neppure una lacrima per loro. In fondo non li ha mai conosciuti mai per davvero quei suoi fratelli, anche se le loro bare venivano etichettate come bare di veri patrioti e vedeva le lacrime di sua madre tranciare le sue gote durante i loro funerali. Egidio ha vissuto una vita di pace. La sua unica passione è stata il biliardino, o, come la dice lunga sulla cultura dell’epoca, il “calciobalilla”. Già, perché Egidio, nonostante i suoi fratelli fossero andati a morire per un’ideologia le cui idee deliranti non conosceva davvero, è sempre stato Fascista. Ed il motivo principale è che Egidio ha potuto, con i disastrosi fondi che rimanevano all’Italia nel Secondo Dopoguerra, frequentare solo la scuola elementare prima di essere inesorabilmente consegnato ad una vita di duro lavoro in fabbrica. Ha visto solo del nero Egidio, per tutta la sua vita, e guardando fuori dai finestroni ammuffiti ha sempre pensato alla sua famiglia che lo aspettava a casa come unico, misero, stimolo per timbrare il cartellino alla fine della giornata.

Poi ci sei tu. Sei nato nel 2004. Sei nato quando i computer erano una tecnologia affermata, quasi superata dopo l’avvento dei Pad. Sei nato nell’era dei genitori distratti, pessimisti, insofferenti per i loro problemi quotidiani, tanto da essere disposti a comprarti un iPhone a 9 anni pur di non sentirti più lamentarti di come tu non possa usare quando ti pare il telefono di mamma con i suoi cento colori. Sei arrivato alle scuole superiori per inerzia, certo, ma lì le droghe erano ampiamente disponibili quando le chiedevi, e potevi farne uso quando volevi, bastava avere un minimo di paura delle pattuglie di paese che non ti avrebbero mai perquisito come in una dittatura. Ma sai cosa, le scuole pubbliche non facevano per te, quindi hai deciso di frequentare una scuola privata che per una mazzetta ti faceva andare bene che fosse un tuo momentaneo stato di confusione mentale la tua risposta che Dante avesse scritto i Promessi Sposi. Tanto, al modico costo di una macchina l’anno, avresti conseguito il diploma e potuto per legge “lavorare” nell’impresa di famiglia, fare dei soldi e sposarti a 25 anni, e tutto questo non perché tu l’avessi scelto.

Benvenuto nella Democrazia che ti permette di criticare la vita di un fascista.

Epistulae morales ad Lucilium parte II

Ti chiedo scusa. Scusa se il mondo è così, se esistono davvero situazioni come la tua. Scusa se la vita può voltare così tanto le spalle ad una persona, e ignorarlo, e dargli solo le vie di uscita sbagliate per fuggire dalla propria esistenza. In fondo è come nei film, solo che non avviene l’incontro con la principessa a dare un senso alla tua vita, né con l’insegnante che diventa per te un padre trasmettendoti saggezza e indicandoti il confine tra giusto e sbagliato.

No, per te è stato come un film solo l’inizio, e purtroppo anche la fine. Sei nato in un piccolo paese soffocante, aggressivo e incapace di farti sognare in grande. Non hai avuto un padre presente, e chissà se forse anche lui prima di te ha semplicemente percorso la tua stessa strada, magari anche lui ha intrapreso bivi diversi ma partendo sempre dallo stesso inizio, e giungendo alla stessa fine. Tua madre non è riuscita a salvarti, magari con mille altri pensieri per la testa, probabilmente per sopravvivere come una leonessa in un mondo di cacciatori, provando a proteggere i suoi cuccioli per quanto possibile.

Non eri nato in un mondo fatto per te. Io lo so perché ho visto nei tuoi occhi i miei, ho visto lo sguardo triste di una persona buona che ha trovato solo dei muri davanti a sé. E per questo lo sguardo era anche triste, e buono e triste non è mai una bella accoppiata. Avrai fatto del tuo meglio per adattarti, per lottare, per spiccare. Ma presto o tardi rischiamo tutti di essere risucchiati da quel demone. Quel demone che ti dice che non sei abbastanza, che non riesci ad ottenere di più, che tu in quel posto non vorresti stare eppure non puoi proprio uscirne.

Ti chiedo scusa se io ero distante, a provare a rattoppare le vele della barca di fortuna con cui provo a non fare più ritorno. Ti chiedo scusa se altri erano distanti, sulla carta geografica o con i pensieri, o non erano buoni come te anche se tu pensavi altrimenti. Ti chiedo scusa se la tua unica àncora è stata la droga, maledetta quanto seducente. Immagino che per una persona intelligente come te non sia mai stato uno scherzo, un gioco. No, semplicemente sapevi che fosse una falsa scappatoia ma non ne vedevi altre intorno a te. E alla fine “anche il tuo polso cedette quando venne lei”, parafrasando una canzone.

Nessun sonno però dura per sempre, quindi alla fine ti sei svegliato. Immagino che tu ti sia guardato allo specchio, e abbia visto lo stesso sguardo che io avevo visto, ma a te abbia creato solo fastidio, repulsione e imbarazzo. Hai scelto di arrenderti, di non avere più speranze per cui lottare, ambizioni a cui aspirare, persone a cui rimanere vicino. Hai preso l’uscita di emergenza da questo cinema di basso livello. Sì, un cinema, in cui gli spettatori sono subito stati pronti a giudicare, ricordarsi improvvisamente che eri seduto lì accanto, e alla fine etichettare come “l’ennesimo sventurato nel giro sbagliato”.

Ti chiedo scusa anche per loro, che non sapevano o hanno fatto finta di non sapere e sono rimasti a guardare. E ti ringrazio per avermi ricordato quanto sia tremenda e anche bellissima la vita. Passerò a salutarti amico mio, spero che tu abbia finalmente trovato la pace che cercavi.